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Autore: Chainblock Team

NFT | Facebook segue Instagram

Meta Platforms ha aggiornato un suo post, pubblicato il 10 maggio 2022, relativo all’inaugurazione di oggetti da collezione digitali per mostrare NFT su Instagram. L’aggiornamento questa volta riguarda Facebook attraverso il quale, gli utenti, potranno fare lo stesso.

In pratica, coloro che hanno un profilo attivo sul social network potranno collegare i propri portafogli crittografici. In questo modo, riusciranno a condividere le loro collezioni di NFT. Quindi, attualmente su tutte e due le applicazioni si possono pubblicare risorse digitali.

Una decisione furba e intelligente che apre a un pubblico numeroso la possibilità di esporre le proprie personali collezioni NFT.

Dati alla mano, il mercato degli NFT sta crescendo enormemente dal 2021, come riportato in un rapporto di NonFungible. Non stupisce quindi che, per compensare, Facebook abbia aperto le porte ai Token Non Fungibili e al suo mondo connesso.

Facebook permetterà di esporre NFT personali

L’obiettivo di Meta è quello di rendere Facebook una piattaforma social aperta a tutti. Nelle sue intenzioni sono quindi contemplati NFT, Criptovalute e Metaverso. Successi e fallimenti a parte, il lavoro prosegue. Infatti, nell’aggiornamento pubblicato sull’articolo del blog datato 10 maggio 2022 si legge:

Mentre continuiamo a distribuire oggetti da collezione digitali su Facebook e Instagram, abbiamo iniziato a offrire alle persone la possibilità di pubblicare oggetti da collezione digitali di loro proprietà sia su Facebook che su Instagram. Ciò consentirà alle persone di collegare i propri portafogli digitali a una delle due app per condividere i propri oggetti da collezione digitali su entrambe.

BlackRock annuncia il lancio di un nuovo fondo spot bitcoin

A distanza di una settimana dall’annuncio della sua partnership con Coinbase per fornire ai clienti istituzionali l’accesso al trading di criptovalute, BalckRock lancia un nuovo Spot Bitcoin Private Trust.

BlackRock, la piu’ grande società d’investimento al mondo, ha infatti lanciato un fondo privato che offre ai clienti istituzionali – per ora solo negli Stati Uniti – un’esposizione spot su bitcoin.
Si tratta del primo prodotto di BlackRock a offrire un’esposizione diretta al prezzo di bitcoin.

Nella comunicazione ufficiale, la società ha sottolineato il proprio impegno nell’offrire alla clientela una varietà di scelte nel proprio portafoglio di investimenti affermando di impegnarsi a fornire ai clienti l’accesso alle opportunità di investimento che desiderano.

Nello statement BlackRock ha inoltre dichiarato che “Bitcoin è il criptoasset più antico, più grande e più liquido e attualmente è il principale oggetto di interesse da parte dei nostri clienti all’interno dello spazio dei criptoasset. Escludendo le stablecoin, il bitcoin mantiene quasi il 50% della capitalizzazione di mercato del settore”.

La società afferma di essere incoraggiata dal fatto che organizzazioni come RMI ed Energy Web stiano sviluppando programmi per portare maggiore trasparenza sull’uso sostenibile dell’energia nel mining di bitcoin e seguirà i progressi di queste iniziative.

BlackRock si è lentamente avvicinata alle criptovalute, lanciando un ETF blockchain ad aprile. Il mese prima, il CEO di BlackRock, Larry Fink, ha affermato che la guerra in Ucraina potrebbe accelerare l’adozione della valuta digitale.

Attualmente sta lavorando in quattro aree degli asset digitali e degli ecosistemi ad essi associati in cui vede un potenziale vantaggio per i suoi clienti e per i mercati dei capitali in generale, tra cui: blockchain autorizzate, stablecoin, criptoasset e tokenization.

Secondo la società “Nonostante la forte flessione del mercato delle risorse digitali, stiamo ancora riscontrando un notevole interesse da parte di alcuni clienti istituzionali su come accedere in modo efficiente ed economico a queste risorse utilizzando la nostra tecnologia e le capacità dei nostri prodotti”.

Quanti Bitcoin ha il creatore di Bitcoin?

Secondo le fonti più affidabili e quella che viene considerata la tesi più plausibile, Satoshi Nakamoto possiede circa 1 milione di Bitcoin, tutti estratti tra il 2009 e il 2010.

Si ritiene infatti che Satoshi Nakamoto possegga circa un milione di bitcoin. Sappiamo che il 3 Gennaio 2009 Satoshi Nakamoto ha minato il così detto “blocco genesi” che ha dato il via alla criptovaluta più importante del mondo. Grazie alle minori difficoltà di mining dei primi tempi, i rumor riferiscono che fino a luglio 2009 avrebbe minato oltre 1 milione di Bitcoin.

I Marchi Di Lusso Gucci & Tiffany entrano nel mercato NFT

Gucci di Kering SA e Tiffany & Co. di LVMH questa settimana si sono aggiunti alla folla di marchi di fascia alta che si tuffano ulteriormente nella criptosfera, lanciando progetti relativi a NFT.

Per Gucci, sta aggiungendo un’altra criptovaluta alla timoneria delle valute che accetta come pagamento, mentre Tiffany utilizzerà gli NFT come passaporto digitale per realizzare gioielli fisici personalizzati per gli appassionati di criptovalute.

Le aziende hanno descritto queste iniziative come “il futuro” e “un altro passo” nella loro esplorazione del web3.

“I marchi hanno questa opportunità di avere un nuovo tipo di relazione con i loro clienti”, ha affermato Ian Rogers, ex chief digital officer di LVMH e ora chief experience officer della società di hardware crittografico Ledger. “Quello che vedremo nei prossimi anni è molta sperimentazione”.

Principe Filip di Serbia | Tutte le nazioni del adotteranno Bitcoin

Accadrà sicuramente. Non saprei dire dove, quando e chi, ma di certo accadrà. Ogni Paese alla fine adotterà Bitcoin, ha previsto il principe Filip di Serbia.

Il principe sostiene che Bitcoin sia un’ottima soluzione per i Paesi musulmani, in quanto “si tratta del denaro perfetto per la Shari’a. […] È solo questione di tempo prima che un Paese musulmano che segue la Shari’a adotti Bitcoin.“. La legge islamica, nota come Shari’a, si basa sugli insegnamenti del Corano e stabilisce quando qualcosa è lecito (halal) o illecito (haram).

Filip Karađorđević è tecnicamente il principe di Serbia e Jugoslavia, poiché quando la monarchia è stata abolita la Serbia non esisteva ancora. “Ma oggi ovviamente la Jugoslavia non esiste. E poiché siamo di origine serba, allora sono il principe di Serbia,” ha chiarito. La Serbia è una repubblica parlamentare, ma una fetta della popolazione sarebbe favorevole all’introduzione di una monarchia parlamentare, simile al Regno Unito.

Il principe Filip è apparso sulla scena di Bitcoin a marzo di quest’anno, con un suo intervento durante un web show. Ha spiegato la differenza fra BTC e le altre criptovalute, sostenendo che “Bitcoin è libertà, e questo è qualcosa che voglio per tutti.

Per quanto riguarda l’adozione di Bitcoin in Serbia, purtroppo il principe non possiede alcun reale potere politico nel Paese e non può pertanto rendere BTC una valuta a corso legale come a El Salvador. Ma pensa che una simile mossa apporterebbe grandi benefici alla sua nazione:

“Ci sono molti serbi nel mondo, è una grande diaspora. Penso che la più grande concentrazione si abbia in Canada, seguito da Chicago.”

Il caso d’uso delle rimesse per i circa 5 milioni di serbi che vivono al di fuori dalla Serbia, che inviano regolarmente denaro al loro Paese d’origine, è certamente convincente. Dato che Bitcoin trascende i confini, offrendo alle persone un modo per inviare istantaneamente valore in tutto il mondo senza intermediari, l’adozione ufficiale di tale asset potrebbe rafforzare l’economia della Serbia. Per El Salvador, nel primo anno di adozione di Bitcoin, le rimesse nel Paese hanno superato i 50 milioni di dollari.

La Serbia confina con la Repubblica Libera del Liberland: micronazione adagiata su un sottile tratto di terra sul fiume Danubio, Liberland ha adottato Bitcoin come valuta più di sette anni fa. Vi sono quindi già casi d’adozione di BTC nel Balcani.

Fonte

Tesla ha venduto il 75% dei suoi Bitcoin

Dell’investimento iniziale da 1,5 miliardi di dollari annunciato nel febbraio 2021, ne rimane ora solo una piccola parte. Nell’ultimo periodo, anche Tesla ha deciso di vendere una quota consistente dei propri Bitcoin. Più precisamente, il 75% circa di quelli controllati. L’automaker ha dunque scelto di ridurre il proprio impegno legato alla crypto che, come gran parte degli altri asset digitali, ha fatto registrare un’importante flessione del proprio valore dall’inizio della primavera in poi.

Quando, ormai quasi un anno e mezzo fa, Tesla ha annunciato il proprio investimento in Bitcoin, il prezzo della criptovaluta aveva da poco superato la soglia dei 40.000 dollari. Oggi staziona al di sotto dei 23.000 dollari. Un impegno rivelatosi a un certo punto piuttosto scomodo, anche e soprattutto per le questioni sollevate sul fronte della sostenibilità.

All’inizio della primavera, Elon Musk ha annunciato orgogliosamente via social la possibilità di acquistare le vetture del gruppo pagandole in BTC (solo oltreoceano), salvo poi archiviare in tutta fretta l’iniziativa poche settimane più tardi.

Il legame tra il CEO della società e il mondo crypto rimane comunque forte.

FONTE

Chainblock è ufficialmente iscritta all’Organismo Agenti e Mediatori

Con il decreto del 13 Gennaio 2022 del Ministero dell’Economia e delle Finanze, è stato emanato l’obbligo, per le società che operano nel settore delle criptovalute in Italia, di registrarsi presso l’Organismo Agenti e Mediatori (OAM) e fornire dei report trimestralmente.

Perché è importante l’iscrizione all’OAM?

Essere iscritti al registro è la condizione essenziale per poter fornire legalmente servizi crypto in Italia. Infatti l’esercizio sul territorio italiano dei servizi relativi all’utilizzo di criptovalute e alla fornitura di portafogli digitali (wallet) è riservato esclusivamente ai soggetti iscritti. Con l’iscrizione al registro OAM, Chainblock é in linea con il decreto legislativo

Criptovalute | Cosa vuole fare l’Europa

Uno degli ultimissimi atti della presidenza francese del Consiglio dell’Unione europea è stato il raggiungimento dell’accordo politico con il Parlamento sulla proposta di regolamento dei mercati e delle crypto-asset (Mica), un tema di cui si sta parlando anche negli Stati Uniti. Il testo, pubblicato il 24 settembre 2020, fa parte del progetto di questa Commissione di aggiornare e innovare l’insieme delle norme della data economy, incluso, come in questo caso, il settore fintech e delle criptovalute.

L’iniziativa sarebbe nata dall’annuncio di Meta di creare un suo sistema di pagamento, poi naufragato, basato su stablecoin, un token collegato a una moneta corrente o a strumenti finanziari, per garantire una maggior stabilità del valore al riparo dalle fluttuazioni tipiche di questo mercato. Il timore fu che la concorrenza di una moneta alternativa, usata per i pagamenti su una piattaforma di oltre due miliardi di utenti, avrebbe potuto destabilizzare l’euro.

La norma, dunque, per cui l’accordo politico tra Parlamento e Consiglio è stato raggiunto in soli tre mesi e in meno di due anni dalla pubblicazione del testo, andrà a colmare il gap che toccava proprio gli strumenti finanziari digitali come bitcoin, da tempo usciti dal portafoglio dei soli investitori professionali e adottati largamente anche dai consumatori. Finora infatti tali strumenti sfuggivano alle norme del settore finanziario concedendo maggior libertà agli operatori delle criptovalute, anche a costo della tutela di consumatori e investitori.

“I recenti sviluppi di questo settore in rapida evoluzione hanno confermato l’urgente necessità di una regolamentazione a livello europeo. Il Mica proteggerà meglio gli europei che hanno investito in questi asset e ne impedirà l’uso improprio, pur essendo favorevole all’innovazione per mantenere l’attrattiva dell’Unione.

Questo regolamento storico metterà fine al “far west” delle criptovalute e confermerà il ruolo dell’Ue come standard per i temi digitali”, ha detto Bruno Le Maire, ministro francese dell’Economia, delle finanze e della sovranità industriale e digitale. Lo scopo infatti non è quello di creare ostacoli all’adozione di questi strumenti, tutt’altro.

Sin dall’inizio la Commissione ha riconosciuto il potenziale dirompente di questi strumenti, anche per la raccolta di finanziamento delle pmi, volendo pertanto creare un quadro normativo uniforme a livello europeo per agevolare la nascita di questi strumenti, negando al contempo l’idea che nel mondo crypto tutto fosse possibile.

Le novità europee

La principale novità introdotta è la responsabilità di chi gestisce le piattaforme di crypto trading nel caso, per esempio, di perdita dei “wallet”, i portafogli virtuali dove sono conservati gli asset digitali. Sempre tenendo conto delle priorità di questo mandato della Commissione focalizzato su green e digital, chi opera sul mercato del criptovalute ne dovrà rendere noto l’impatto ambientale in termini di energia consumata e di impronta di CO2. Sul punto entro due anni la Commissione fornirà degli standard su come tali informazioni dovranno essere presentate.

Se d’ora in poi anche gli asset crypto dovranno seguire le regole generali sull’antiriciclaggio, il nuovo regolamento prevede che la l’Autorità bancaria europea (Eba) dovrà tenere una sorta di black list dei crypto provider che non rispettano il nuovo quadro normativo. Saranno previsti inoltre controlli più pervasivi per i provider che hanno sede nelle giurisdizioni di quei Paesi terzi considerati a rischio o non collaborativi sul fronte della lotta all’evasione fiscale.

Per quanto riguarda le stablecoin, di cui una delle più note, Terra, ha visto polverizzare 60 miliardi di capitalizzazione poco tempo fa, per evitare simili fluttuazioni e tutelare i consumatori, il regolamento chiede che i provider forniscono sufficiente liquidità a garanzia, con la possibilità per i suoi detentori di chiedere una riconversione con moneta corrente in qualsiasi momento e senza il pagamento di alcuna fee. Inoltre i provider stranieri di asset-referenced tokens(Art) dovranno avere una sede anche all’interno dell’Unione europea per facilitare la vigilanza sulle loro operazioni finanziarie.

Da ultimo, come riportato da Politico, anche il mercato degli nft sarà parzialmente toccato dal regolamento. Se chi vuole produrre singoli nft non dovrà adeguarsi alla normativa europea, la questione cambia in caso si produca una collezione di nft, come le celebri Bored Apes. Chi produce una collezione di nft dovrà pubblicare un white paper in cui illustrare le caratteristiche della stessa e come operano sulla blockchain. Se la collezione sarà usata come strumento finanziario, rientrerà allora pienamente nel campo d’azione del Mica.

Il tracciamento dei pagamenti

Non tutti però hanno accolto con favore la novità. Patrick Breyer, eurodeputato dei Verdi e molto attento ai temi che riguardano la privacy, ha denunciato sul suo blog: “Queste regole priveranno i cittadini rispettosi della legge della loro libertà finanziaria. Per esempio, esponenti dell’opposizione come Alexei Navalny dipendono sempre più da donazioni anonime in valute virtuali. Le banche hanno anche tagliato le donazioni a Wikileaks in passato. […] Dovremmo avere il diritto di poter pagare e donare online senza che le nostre transazioni finanziarie vengano registrate in modo personalizzato. Non c’è alcuna giustificazione per abolire di fatto i pagamenti virtuali anonimi. Nei casi in cui i beni virtuali sono stati utilizzati per attività criminali in passato, è stato possibile perseguirli sulla base delle regole attuali. Vietare del tutto i pagamenti anonimi in criptovaluta non avrà alcun effetto significativo sulla criminalità. L’obiettivo dichiarato di contrastare il riciclaggio di denaro e il terrorismo è solo un pretesto per ottenere il controllo sulle nostre attività private.”

Anche se formalmente manca ancora la ratifica del Parlamento e del Consiglio sul testo, ora che l’accordo politico è stato raggiunto è altamente probabile che questa arriverà con la prima assemblea plenaria a Strasburgo, dopo la pausa estiva, per poi entrare in vigore tra la fine del 2023 e l’inizio del 2024.

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Sango Coin, la criptovaluta di Stato della Repubblica Centrafricana

Durante un evento chiamato Sango Genesis Event, Faustin-Archange Touadéra, Presidente della Repubblica Centrafricana (CAR), ha lanciato Sango Coin come crypto di stato.

Quattro mesi fa lo Stato centrale del continente africano ha reso Bitcoin come valuta a corso legale e in un mega evento ad hoc è arrivata l’ora del Sango Coin. 

Al Sango Genesis Event, il Presidente della Repubblica Centrafricana ha presentato la nuova crypto di Stato, che sarà utilizzata come porta d’ingresso per l’accesso alle risorse del Paese come petrolio, diamanti e rame. 

“Sango Coin sarà la valuta di prossima generazione per la Repubblica Centrafricana. Sarà la porta di accesso alle risorse naturali del CAR”. 

La mossa ricalca la falsariga della misura di politica estera imposta da Putin al resto del mondo, ed in particolare agli Stati ostili della Russia per l’acquisto di petrolio e mira ad aumentare l’utilizzo del token in maniera massiva anche al di fuori dei confini di Stato. Il Presidente successivamente come riportato da Bitcoin Archive si è spinto a dire:

“L’oro digitale sarà il motore della nostra civiltà del fururo!” 

Nei piani del Paese c’è anche la creazione di un’isola crypto dalla A alla Z sul fiume Oubangui. Lo Stato centrafricano, inoltre, si doterà progressivamente della tecnologia blockchain anche per l’ammodernamento e l’efficienza dei servizi di Stato, logistica, fisco, amministrazione ecc.

All’evento è intervenuto anche il ministro delle finanze del Paese, Hervé Ndoba, che ha spiegato come tra il Sango Coin e Bitcoin ci sia correlazione. Così come esistono token legati a valute fiat (stablecoin) Sango Coin sarà un token di stato legato al Bitcoin.

Il crollo del mercato crypto non frena la sua evoluzione e innovazione

Nonostante il terremoto della stablecoin UST, che ha causato perdite per miliardi di dollari ed una perdita di fiducia da parte di tutti gli investitori, nuovi token continuano a formarsi e prendere piede, figli di una tecnologia in continua evoluzione. L’ultima notizia viene da Circle, che ha lanciato EUROC, la nuova stablecoin ancorata all’euro. 

Il Sango Coin mira a divenire la valuta di riferimento del continente africano e in attesa di quella del Sudafrica con i BRICS mira ad egemonizzare il continente. Con buona pace degli haters l’asset delle valute virtuali sta riprendendo nuova linfa e sembra aver già scontato il panico da recessione tanto annunciato da Fed e addetti ai lavori, le politiche monetarie sono oggetto di forte attenzione, ma non sembrano scalfire l’attenzione di chi crede nel settore.

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Bitcoin consuma meno energia delle normali banche

Secondo il nuovo studio, il consumo di energia della rete Bitcoin è 50 volte inferiore a quello delle normali banche. L’algoritmo di consenso utilizzato dalla blockchain di Bitcoin, basato su un modello PoW, è sempre stato oggetto di critiche a causa del suo eccessivo consumo di energia.

Soprattutto negli ultimi anni sono stati raggiunti livelli ormai insostenibili. Basti pensare che, stando ai dati analizzati dall’Università di Cambridge, il consumo di energia annuale della rete Bitcoin si attesta intorno ai 121 terawattora (TWh). Se questo numero non vi dice niente, provate ad immaginare che se Bitcoin fosse un Paese, allora questo consumerebbe di più dell’Olanda, del Pakistan o della Danimarca.

Insomma, Paesi come questi richiedono un fabbisogno energetico minore di tutta la rete BTC. Bisogna anche aggiungere che l’inquinamento ambientale deriva sostanzialmente dal tipo di fonti utilizzate per produrre l’energia necessaria.

Detto questo, il mining del Bitcoin potrebbe essere alimentato interamente da fonti di energia rinnovabili, come sta già accadendo in Paesi come la Norvegia. Lo stesso discorso, però, potrebbe essere applicato ai server utilizzati dal sistema bancario, anche se la conversione richiederebbe uno sforzo maggiore.

Le blockchain più sostenibili sono basate su un modello PoS

Non a caso, nello studio pubblicato da Nasdaq, corre in aiuto un commento di Charles Hoskinson, co-fondatore della blockchain Cardano.

Hoskinson afferma:

“Il consumo di energia del Bitcoin è più che quadruplicato dall’inizio del suo ultimo massimo del 2017 ed è destinato a peggiorare in quanto l’inefficienza energetica è insita nel DNA del Bitcoin.

L’impronta di carbonio del Bitcoin peggiorerà esponenzialmente perchè più il prezzo sale, più ci sarà competizione per ottenere la valuta e di conseguenza, più energia verrà consumata”.

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